Alla caduta dei Borboni esplose il brigantaggio. Militari sbandati, ladri e assassini. Terrore e morte. Ruberie e saccheggi in campagne e villaggi. Il popolo era esasperato. E talvolta appoggiava le scorrerie contro ricchi e nobili. Ma feroce era la repressione dell’esercito del Regno d’Italia, spesso con vittime innocenti.
Dalle montagne scesero per razzie le bande di Codino di Cane, di Giuseppiello, del brigante di Passiano e quella di Caprantuono, con rifugio nelle grotte del Caruso, dove ancora oggi si favoleggia di un suo tesoro nascosto! Ma è la banda del brigante Manzi che prese di mira il duca e la duchessa di Roccapiemonte.
Un giorno un sarto chiese udienza a Vincenzo Ravaschieri. Qualcosa di grave stava per accadere a sua moglie Teresa! Gli raccontò di essere stato catturato dal brigante Manzi. Poi di essere miracolosamente fuggito. Mentre i gaglioffi erano riuniti a parlare di un truce piano. Un grosso colpo. Rapire la Duchessa della Rocca!
L’avrebbero fatto quando usciva dal palazzo. Due volte al giorno la duchessa si recava nell’ospedaletto allestito fuori dal paese. Per portare viveri e conforto agli ammalati di colera. Cinicamente avrebbero approfittato di quel momento di carità. Per rapirla. E ottenere dal duca un ingente riscatto per la sua libertà.
Vincenzo non si fece intimorire. Di fronte al pericolo mandò subito un messaggero al generale Pallavicini a Salerno. Le autorità raccomandarono cautela e massima vigilanza. E nei giorni successivi inviarono a Roccapiemonte una truppa di militari per controllare il paese. Soprattutto per presidiare il palazzo ducale.
La tensione era alta. Paura di notte e senza muoversi di giorno. Meglio lasciar calmare le acque! Perciò la duchessa decise di lasciare Roccapiemonte. Venne una carrozza. Con scorta armata. Verso la più sicura residenza a Cava. Ma soffrì molto per essere lontana dai suoi amati poveri e di non poterli aiutare di persona!